Quando le giornate si accorciano e la terra stessa sembra sospirare nel freddo preludio dell’inverno, giunge il tempo” dell’ultimo raccolto”.
A Samhain, l’antico ciclo delle stagioni giunge alla sua conclusione, e gli uomini si raccolgono sotto il cielo plumbeo per sollevare gli ultimi frutti della terra, come a suggellare un patto silenzioso con il mondo invisibile.
Eppure, mentre il suolo cede i suoi doni, ci si accorge che non è solo la terra a offrirci il suo raccolto: anche l’anima, come un campo segreto, custodisce frutti maturati nel buio, pronti per essere colti.
“L’ultimo raccolto” è un momento solenne, un tempo che invita a riflettere su ciò che si è seminato lungo l’anno, non solo con le mani, ma con il cuore e con l’animo.
Ogni gesto, ogni desiderio e ogni paura piantata nel terreno nascosto dell’inconscio hanno messo radici, si sono intrecciati tra loro come edere selvagge, fino a generare i frutti che ora giungono al compimento.
Essi non sono visibili, ma chi sa volgere lo sguardo dentro di sé può avvertirne la presenza, come un profumo dolce e pungente che si leva dai recessi più profondi della propria coscienza.
Per alcuni, il raccolto interiore rivela doni inattesi, verità maturate nel silenzio della riflessione e della pazienza.
Ogni piccola vittoria, ogni sfida superata, ogni sofferenza accolta senza cedere alla disperazione appare ora come un seme germogliato, come un frutto dell’anima che ha trovato la sua maturazione.
Per altri, tuttavia, “l’ultimo raccolto” porta anche il peso delle ombre non affrontate, dei timori lasciati crescere senza controllo, dei desideri che si sono trasformati in rovi spinosi. Ma anche queste difficoltà fanno parte del raccolto, poiché insegnano, nel loro silenzioso linguaggio, lezioni preziose per chi ha il coraggio di guardarle senza timore.
Esse ci ricordano che la crescita non avviene sempre alla luce del sole, ma spesso nel buio delle proprie incertezze, come radici che si allungano nelle profondità della terra.
In questo tempo di Samhain, la distinzione tra il visibile e l’invisibile si fa labile; il confine tra il mondo esteriore e quello interiore si dissolve, lasciando spazio a una comprensione più profonda di sé. È un momento in cui l’anima può aspirare i suoi frutti, ricevendo sia le dolcezze che le ruvidità del proprio cammino, consapevole che ogni esperienza ha un valore che va oltre l’apparenza.
“L’ultimo raccolto” è, dunque, un invito ad impugnare con umiltà e gratitudine i doni invisibili che abbiamo coltivato, a lasciar cadere le foglie ormai inutili e a nutrire quei semi che porteremo con noi nel ciclo successivo. È un tempo di bilanci, ma anche di accettazione, un rito che celebra non solo ciò che si è raggiunto, ma anche ciò che si è perso.
Nel profondo silenzio della terra, sotto la coltre delle foglie morte, i frutti dell’anima riposano, pronti a nutrire lo spirito nel rigore dell’inverno che sta per arrivare. E così, mentre i contadini raccolgono le ultime messi, anche l’anima si prepara a riposare, con la consapevolezza di aver compiuto il proprio viaggio, di aver tratto forza dalle sue radici e di portare in sé il seme del prossimo raccolto, invisibile e prezioso come una promessa eterna.
Con amore
Carla
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*Conosci le immagini e non sono nominate all'interno del mio sito o il manca il nome dell'artista?
Ti chiedo gentilmente di informarmi cosi posso onorare il lavoro dell'artista.
Mi astengo da qualsiasi responsabilità per le immagini o foto in cui non viene menzionato l'artista, prelievo tutto da internet e qualora fosse indicato il nome dell'autore è mia premura nominarlo, SEMPRE!
Grazie Carla
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